da "Francesco", bambino nato da una famiglia coinvolta
con l'associazione La quercia millenaria:
"Da qui, da dove vivo io ultimamente, in alto, le cose si vedono con
una maggiore chiarezza e tutto sembra piccolo: i giochi della politica,
le ansie di guadagno spacciate per solidarietà, i successi della
scienza che passano attraverso insuccessi dell'uomo. Tutto piccolo.
In fondo questa sorte era toccata anche a me. Qualche medico, pensando
di sedere in alto - deformazione professionale - mi aveva visto piccolo
e con la testa troppo piccola - deformazione mortale: la chiamano
microcefalia (la mia intendo, non quella del medico...).
Non sono uno scienziato, non ho avuto tempo per studiare, forse non
avevo la testa per farlo, ma dalle parole del medico ho intuito che la
microcefalia è una malattia che trasforma un bambino nella
pancia in un "parassita" da eliminare. O così almeno hanno detto
ai miei genitori. Loro hanno pianto, hanno sofferto, hanno pregato e
alla fine non hanno creduto a quella metamorfosi bugiarda ed avvilente.
Sapevano che un bacio d'amore può trasformare il ranocchio in
principe, lo sguardo di un padre falegname trasforma un nodoso pezzo di
legno in un figlio. E così mi hanno accolto, da figlio, anche se
malato.
Sono nato il 3 febbraio del 2006... Non faccio per vantarmi, ma i miei
hanno detto che ero bello, con una fccia tonda e piena come la luna. Lo
stesso giorno sono stato battezzato, nel reparto di terapia intensiva
neonatale del Policlinico Gemelli: attorno c'erano tante persone con le
veste bianca e con delle buffe maschere, ma ho riconosciuto gli occhi
dei miei genitori, occhi lucidi ma gioiosi. Poi, inevitabilmente, il 4
febbraio sono morto, ma di una morte bella, tenendo la mano di mamma e
papà che mi accarezzavano, mi accompagnavano (ed io accompagnavo
loro per la verità) e un Padre nuovo che mi attendeva per
abbracciarmi.
Ed ora da qui, dove vivo io ultimamente, in alto, le cose si vedono con
una maggiore chiarezza e certe cose sembrano proprio grandi: l'amore di
quel medico che pur vedendomi brutto ed ecograficamente bidimensionale
aveva chiesto il mio nome - un nome vero da bambino e non quei buffi
nomi latini che date ai parassiti...; l'amore dei miei genitori, che
quel nome di figlio, Francesco (così mi chiamo) l'hanno
pronunciato piangendo; ...
(C)erte cose non si giudicano dalla fine, ma dal coraggio dell'inizio.
In fondo anche per me è stato così: a molti è
parso che io abbia fatto una brutta fine, ma la mia vita invece
è stata tutta, ed è ancora, uno splendido inizio".
(Lettera al "Foglio" 23 gennaio 2008)
Lucia e Gianfranco offrono la loro testimonianza
sul dono di una vita disabile: