Voci di Saggezza, Voci di Speranza:
Testimonianze e parole di incoraggiamento
Sono un avvocato romano di 34 anni, madre di due bambini, M
(6 anni) ed E (2 anni). Quando, circa sette anni fa, il test di
gravidanza risultò positivo per colpa di una imposta sospensione
dell'assunzione della pillola anticoncezionale, la mia reazione fu
di rabbia e paura: non volevo diventare madre, io, una laurea in
tasca, una incredibile voglia di fare, la prospettiva di un master
negli USA ed una relazione con un medico quarantatreenne, single e poco
incline alle responsabilità familiari; il mio sogno era quello
di entrare a lavorare per un mega studio legale internazionale,
viaggiare e mettere a frutto anni di studio, contatti, la conoscenza di
tre lingue. Niente a che vedere con casa, famiglia, bebè.
Il mio compagno (oggi marito) ed i miei genitori mi dissero che avrei
potuto abortire senza problemi, comprendevano il mio stato d'animo,
sarebbe bastata una telefonata ad un amico ginecologo.
E' bastata, invece, la prima ecografia, quella in cui non si vede
ancora nulla, solo la camera gestazionale. Non si vede un figlio,
insomma, ma si sente... un battito cardiaco, forte come quello di un
puledro al galoppo: il battito del cuore del mio bambino; bambino, badi
bene, non embrione, feto, grumo di cellule: perchè io ho sentito
quel battito ed ho visto un neonato, quasi lo avessi già
davanti, in carne, ossa e pannolino.
Io non ho commesso l'aborto; uso volutamente il verbo che il codice
penale adotta per l'omicidio, perché di quello si sarebbe
trattato, per di più con l'aggravante dei futili motivi, visto
che ero tutto tranne che una "giovane donna in difficoltà".
Ho affrontato gli esami da avvocato con neonata a seguito, il mega
studio di New York è diventato una stanza nello studio di
papà, zona S. Giovanni, Roma, Italia; il mio compagno divertente
e fascinoso è diventato mio marito (differenza abissale tra le
due figure, ça va sans dire):
insieme a mia figlia è nata una famiglia, roba da stomaci forti,
di questi tempi. Il tempo è passato, tra immensa emozione e
depressione post partum, sedute dall'analista e sedute dal medico
estetico, "per recuperare." Lei capisce, tra molte notti in bianco e
poche ore di sesso (sapesse quant'è stata dura riconquistarsi e
riconquistare il maschio - dopo-)... Sono stati anni "tosti" ma ne
è valsa la pena, la figlia cresce, anzi sono diventati due,
meravigliosamente vitali, la professione pure (anche se io disperavo),
la paura di vivere diminuisce. Oggi so che il mio aborto sarebbe stato
uno di quelli di comodo, egoista ed ancor più aberrante di
altri, scelto solo per paura del "fuori programma".
Ho scoperto che nella mia vita quanto "programmato" non sempre equivale
a quanto "desiderato" e che dell'esistenza non si può sempre
pretendere di tenere la contabilità, ogni tanto bisogna anche
lasciarsi vivere, senza paura. Ce ne è voluta per digerire i
cambiamenti, ma a casa mia, oggi, amore e buonumore non sono più
due eretici, sono M ed E. Siamo noi." (Lettera al Foglio 02 aprile 2008)
Testimonianza di Simonetta
Sono una madre nubile di quarant'anni,
mio figlio ne compirà venti questo autunno. Vivo in Sicilia, in
un contesto difficile, quando non ostile, rispetto alla mia
determinazione. Ero completamente sola, quando sono rimasta incinta;
ma fortissima interiormente.
Avevo perso mia madre prima dell'adolescenza, conducevo un'esistenza
gaia, spensierata e leggera, chiedendo al sesso disperatamente amore.
Quando a vent'anni lo scoprii, entrai nella confusione più
totale. Non avevo la fede, né ora ce l'ho. Sapevo che non avrei
potuto contare sull'"uomo" che aveva partecipato solo col suo sperma,
senza alcuna considerazione di me, senza alcuno scrupolo per la vita
che fioriva da una situazione di fatto.
Adoravo mio padre; le mie amiche dicevano che non abortendo lo avrei
ucciso. Io sapevo che non era così. Vede, io Le scrivo per
sfatare il concetto che una donna quando si sente perduta "deve"
abortire. No; io Le dico che quando una donna si sente perduta, se non
è corrotta dentro, o squallidamente viziata, con una gravidanza
rinasce. Certo, è atroce e imbarazzante il giudizio degli altri;
ma noi siamo la nostra educazione, il nostro coraggio.
Io sapevo che non sarei sopravvissuta a un aborto. Non avrei, davvero,
potuto guardarmi allo specchio. Papà ha capito. Cattolico
osservante, ma soprattutto fiducioso nella mia esuberante incoscienza
(talvolta è meglio essere così, piuttosto che freddamente
razionali, l'ho capito in seguito), mi ha offerto un appoggio
incondizionato sul piano strutturale: stando bene lui economicamente,
ha mantenuto lui me e mio figlio fino alla mia indipendenza
(cioè, per circa dieci anni).
Certo, ho un po' frenato la mia
adolescenza, ma questo non è poi stato un male. Il bambino
è venuto su benissimo. Mi ha responsabilizzata, mi ha fatto
completare l'università in quattro anni esatti, mi ha restituita
al mondo reale dopo tanta vacuità. Ora è lui
all'università, va molto bene, mi spiace che non abbia un padre
ma sono felice che esista, e anche lui. Io insegno Italiano e Latino
nel Liceo Scientifico della mia città, guadagno e non chiedo
niente a nessuno. Ho avuto amiche che hanno abortito. E' una cosa che
io non posso capire. Anche al fondo dello sconforto e della solitudine,
a me pare che non si possa parlare di "libertà della donna", mi
pare quanto meno improprio. [...]" (Lettera al Foglio 19 febbraio 2008)
Un'altra Anna, adottata, condivide la seguente riflessione:
"Sono una ragazza di non ancora 21
anni. All'età di 18 mesi sono stata adottata dalla mia famiglia,
sono nata in Cile. 'E la tua vera mamma dov'è?' questo mi
chiedevano i miei coetanei alle scule elementari. Io molto
ingenuamente, ma con tutta la verità che si trova nei pensieri
infantili, rispondevo che la mia vera mamma la conoscevano tutti e che
'ora' è a lavorare. Alle medie e superiori il nuovo tormentone era: 'Ma
non sei arrabbiata dato che ti hanno abbandonato?!' e io rispondevo che
nessuno mi aveva abbandonato! Loro non capivano e molto onestamente
nessuno ancora capisce.
Sappiate tutti che la sera prima di addormentarmi riservo sempre una
piccola preghiera per chi mi ha messo al mondo, perché adesso
sono qui. Mia madre non ha abortito, mi ha donato la vita. Mi correggo:
la vita me l'ha donata Qualcun Altro (dato che credo fermamente che la
vita inizia il terzo giorno dall'atto sessuale e non il terzo mese!),
mia madre ha scelto di farmi nascere, e dopo non mi ha abbandonata in
qualche cassonetto della spazzatura, ma si è assicurata che
qualcuno con più possibilità di lei mi regalasse un
futuro migliore, questo è il gesto d'amore più grande che
una madre possa fare per il proprio figlio. Del resto non m'importa
niente.
Anch'io ho avuto una bambina a 18
anni. E' stata una "scelta" secondo mio padre dato che, non avendo con
me alcun tipo di "protezione" al momento invece di dire NO al sesso ho
scelto di andare avanti... per fortuna ho accanto a me un ragazzo
speciale, ci sposiamo a settembre. Ma soprattutto ho due genitori che
mi hanno insegnato quanto davvero vale una vita quando la si può
concepire, loro più di altri dato che non hanno avuto questa
possibilità.
L'aborto non è la soluzione ad un problema che
viene da una nostra negligenza, l'aborto è un delitto! E la vita che
cresce nel ventre di una donna non ha la parola. Nessuno può sentirci,
ma ascoltarci sì! E grazie a Dio mia madre l'ha fatto, mi ha ascoltata!" (Lettera al Foglio 21 febbraio 2008)
La
seguente lettera viene da Michele, sua moglie Chiara e i loro tre figli:
[...]Vorrei dire a tutte quelle persone che
stanno pensando di abortire, di non avere paura di far nascere i loro
bambini.
Non abbiate paura di accogliere. Come diceva San Paolo nella
sua lettera agli ebrei: "Non dimenticate l'ospitalità:
alcuni,
praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo". (Lettera al Foglio 04 marzo 2008)
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